Come io non abbia mai pensato a farmi fare un ritratto in 18 anni di carriera, è un mistero. Anche una stupidità. Perché un bravo chef deve andare a cena dai colleghi, così come un designer deve sedersi sulla sedia che ha progettato ed un dentista deve tenere la bocca spalancata con l’aspiratore per più di mezz’ora. Ci sono cose che si capiscono solo se le si sperimentano. La testa le sa, ma è il corpo con tutti i suoi sensi che le assimila.
© Purewhite 2016
© Purewhite 2016
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Farsi fare un ritratto è stata un esperienza molto intensa. E ancor prima, lo è stato il deciderlo. Deciderlo significa già che ne vali la pena. Significa che hai deciso di tirare fuori il coraggio di mostrarti. E non sono decisioni scontate. Ma va là.. Io non ne ho bisogno, mi vergogno (oddio sì, l’ho pensato) un fotografo lo si giudica dal lavoro, non dalla faccia. No così è troppo, devo essere più seria...Ecco una scorciata serie dei pensieri che mi sono balenati in testa. Proprio a me, che da anni predico il verbo de “il coraggio di mostrare la faccia” che spiego a tutti che in un mondo virtuale e over-connesso occorre ribadire la propria presenza umana e mostrarla. Subito ho pensato di farmi un autoritratto, che sarebbe stata la via più semplice. Ma un ritratto è diverso. Un ritratto presuppone la relazione. Presuppone l’affidamento. Presuppone di accettare lo sguardo dell’altro per percorrere un percorso che non è il nostro. O almeno non solo il nostro, consueto, acclarato. Quel modo in cui noi ci vediamo e dal quale non riusciamo ad uscire. Sempre uguale a se stesso. E, proprio come in qualsiasi relazione umana, l’altro ci rimanda un’immagine di noi che ci appartiene ma che non prevedevamo. Lì nasce la meraviglia della creatività. Elisa e Adriano, coppia di fotografi ritrattisti tra i migliori e Romina, giovane stylist, hanno scommesso con me (che fotografare un collega non è mai una passeggiata). Mi hanno accompagnato con passo gentile sul set e con la morbidezza di sguardo che li distingue mi hanno incoraggiato, guidato e fotografato. Il risultato mi riempie il cuore di gioia. Nella più sabauda delle location, il Salone di Diana della Reggia di Venaria, abbiamo fatto queste foto assolutamente poco sabaude. Coraggiose, colorate, divertite e femminili. Insomma, come sono io, quando sono al mio meglio.
Grazie ragazzi
