Ci siamo, è giovedì ed esce puntuale la puntata numero 3 del mio Podcast. In questa puntata vi racconto di come il primo ritratto del mio progetto Sul Cuscino sia stato uno di quelli che mi ha richiesto la maggior dose di coraggio e di cieca fiducia. Il signore sdraiato è lo chef Ferran Adrià. Vi racconterò di lui, di una notte tiepida d’estate in un ristorate vuoto e di come è andata che ho assaggiato l’Amrita, il cibo degli dei dell’Olimpo…
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Cominciare dal difficile
Uno dei primi, primissimi personaggi e chef che ho fotografato è stato Il Grande Ferran Adriá, a dimostrazione che certe volte per scalare la montagna vale la pena cominciare dalla cima. Che naturalmente è un paradosso, ma rende l’idea. Forse ci si può far paracadutare direttamente sulla vetta e poi il resto sarà in discesa o forse si deve mettere passo dietro passo, con zaino pesante di paure e dubbi, chissà. Cominciare da Ferran è stato questo per me: cominciare dal difficile per rendermi tutto più facile.
Ma non lo sapevo quando l’ho fatto. Certe volte ho intuizioni azzeccate che seguo ciecamente prima di comprenderne pienamente il senso e il valore. Così ho pensato che avrei cominciato da Ferran. Ho prenotato la cena sei mesi prima, ho preso il volo per Barcellona. Insomma ho fatto come fosse una lavoro vero e proprio e invece era un azzardo, una prova, un progetto senza né capo né coda.
La cena da lui è stata uno di quegli effetti collaterali di cui parlavo in una delle prime puntate di questo podcast, meravigliosa. Davvero memorabile. Non posso dire niente di più di memorabile perché sono passati dieci anni e ancora me la ricordo nitidamente. Non la metterei nel novero delle migliori cene della mia vita, perché è stato altro. Piuttosto la considero una delle esperienze che più mi hanno procurato meraviglia, autentica stupefacente poetica meraviglia. Un piatto su tutti è rimasto nella memoria: era “Flor en nectar”, proprio l’ immaginario nettare degli Dei e lo si succhiava dalla corolla di un un fiore. Non era miele, non era olio, non era nulla di conosciuto ma ho pensato che quello fosse l’Amrita, l’ambrosia degli Dei dell’Olimpo…
Ecco la foto che feci quella sera.
Comunque, siccome questa non è un blog di cucina ed io non sono una critica gastronomica, non è di questo che voglio parlare. Torniamo dunque al ritratto.
Mi ero portata il cuscino dall’albergo, incurante dell’imbarazzo di doverlo lasciare al guardaroba…e sono rimasta tutta la cena il un limbo, sospesa tra il godermi la serata e il rimanere concentrata sul mio obiettivo di sdraiarlo per questo ritratto. Non avevo ancora la certezza che dicesse sì. Non ce l’ho avuta fino alla fine Poteva anche dire no. Infondo io ero una sconosciuta fotografa italiana con un progetto che non si capiva niente. Ferran è di quegli uomini che non hanno tempo da perdere. Ho atteso, sottilmente inquieta fino alla fine del servizio, nel cuore della notte. Alla fine mi ha detto sì.
Mi ha detto che il luogo dove nascevano e crescevano i suoi sogni era la cucina e che se c’era un posto dove si sarebbe sdraiato a sognare sarebbe stato il suo piano cottura. E cosi abbiamo fatto, in una cucina svuotata da tutta la sua frenesia, pulita come se non fosse mai stata usata, nel silenzio della notte: lui sdraiato sul suo piano ad induzione ancora tiepido, io sopra di lui. Agitatissima, stupita da me stessa medesima e dall’assurdità della situazione.

Backstage del Ritratto di Ferran_Adrià_sul_cuscino, fotografie di Bob Noto
È durato pochi minuti. Una preparazione che era durata mesi, ha trovato il suo apice in una sessione di pochi minuti. In quella posizione lo sguardo non può che essere intenso, la situazione è piena di energia e nervosismo e intensità. E cosi è andata, mi ha guardato con il suo sguardo luciferino, ha chiuso le braccia per tenere il punto (o per proteggersi) e ho scattato. Quello è stato l’inizio. Ci sono momenti che hanno questo destino: di essere il momento in cui accadono le cose. Ci si guarda indietro e si sa esattamente quando tutto è cominciato: quel ritratto ha avuto il potere e la forza di far sgorgare una serie fortunatissima di incontri e lavori e storie. Perché le cose migliori nascono dal coraggio di affrontare ciò che per noi è difficile. Il primo passo spiana la strada e dunque, fatto Ferra Adrià, ogni altro chef non ha avuto più nessuna resistenza né remora.
Così, se me lo ricordassi più spesso, a cominciare dal difficile, si rende tutto più facile.
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